Un laboratorio di rammendo creativo per unire la comunità e proporre la cultura della sostenibilità, questa è stata l’esperienza organizzata da Connecting Cultures. La fondazione culturale e impresa sociale diretta da Anna Detheridge e con un team tutto al femminile, ha proposto un’iniziativa di upcycle design. L’idea è nata in risposta alla call for partners “Future Days per Adriano Community Center“, dal tema “Cura come Cultura. Cultura come cura”.
Abbiamo chiesto al team di Connecting Cultures di raccontarci, nell’intervista che segue, com’è nata e come si è sviluppata questa esperienza.




Come nasce l’idea di un laboratorio per il rammendo creativo?
Il laboratorio di rammendo creativo è nato grazie alla call for partners “Future Days per Adriano Community Center”, sul tema condiviso “Cura come Cultura. Cultura come cura”. Un ambizioso intervento di riqualificazione urbana promosso dalla cooperativa Proges nell’Adriano Community Center. Un modello di integrazione unico tra spazi di cura e luogo aperto di cultura, socialità, innovazione, nell’ambito del programma Lacittàintorno di Fondazione Cariplo. Il rammendo creativo ci sembrava uno strumento efficace per il coinvolgimento della comunità e dei diversi pubblici di riferimento. Capace di sensibilizzare su temi di grande attualità, come la sostenibilità nella moda e di attivare-ricucire relazioni all’interno del quartiere Adriano. Abbiamo così scelto di unire la nostra esperienza sulla progettazione territoriale e l’impegno nella promozione della sostenibilità nella moda, proponendo un workshop di rammendo creativo. Nel realizzarlo abbiamo coinvolto Göksu Kaçaroğlu, designer conosciuta attraverso il nostro corso Out of Fashion e membro di Makeflix. Con Göksu si è sviluppata l’idea del format del laboratorio, il cui obiettivo è stato quello di creare comunità e insegnare con creatività.
Guardare ai “buchi” e ai “difetti” degli indumenti accompagnando le persone a scoprire in questi infinite possibilità e stimoli creativi.




Il rammendo creativo come cura per il capo di abbigliamento, può essere la vera sfida in un percorso di moda sostenibile?
È un punto cruciale.
Possiamo utilizzare tessuti più sostenibili, realizzati in filiere trasparenti e tracciabili. Possiamo fare scelte che rispettano i diritti delle persone che lavorano globalmente nel settore. Possiamo informarci ed essere curiosi. Il problema rimangono le nostre abitudini e il nostro rapporto di consumo degli abiti. Non potremo mai rivoluzionare un sistema ancora fondato sull’iperproduzione e l’iperconsumo, se non modifichiamo il nostro modo di approcciarci al consumo. Sostituire al consumismo tradizionale un nuovo modello di “consumismo green” difficilmente potrà risolvere il problema ambientale e sociale di cui il fashion system è responsabile.
E se immaginassimo un nuovo modo di relazionarci con i nostri indumenti? Se comprassimo abiti a cui ci affezioniamo realmente? Abiti di cui comprendiamo il valore, che desideriamo portare con noi il più a lungo possibile, curandoli, riparandoli e rinnovandoli quando si rompono.
Questo cambio di mentalità è una chiave importante per un percorso di moda sostenibile. È la parte più difficile perché richiede un cambiamento in tutti noi.
Può far timore ma anche apparire come una nuova opportunità; come un percorso molto stimolante. Con il laboratorio di rammendo creativo abbiamo osservato come questo approccio possa portare a nuovi incontri, nuove amicizie e nuove occasioni di conoscenza e condivisione.


Quanto è stata importante la contaminazione sociale (apporto di saperi, culture, tradizioni provenienti da mondi diversi) nel laboratorio di rammendo creativo?
Lo scambio di storie, saperi e competenze sono il cuore del Repair Lab, il laboratorio di rammendo creativo. I partecipanti sono invitati fin dal primo incontro a condividere la propria esperienza e a partecipare in modo attivo.
Le persone raccontano la storia dell’abito che hanno scelto di riparare, mettono a confronto i propri progetti di riparazione e si scambiano consigli. Se qualcuno conosce delle tecniche più elaborate o dei punti di cucito particolari, le insegna agli altri in un rapporto alla pari. A volte c’è chi ha molte competenze tecniche ed è abituato a cucire fin da piccolo, ma è bloccato nella propria creatività; mentre altri partecipanti hanno delle belle idee ma hanno paura di non essere capaci. In questo processo, il ruolo della designer Göksu Kaçaroğlu ha facilitato e guidato lo scambio, ispirando idee più creative e incoraggiando il dialogo. In una delle due edizioni del laboratorio di rammendo creativo abbiamo avuto la fortuna di coinvolgere alcuni membri della Comunità Afgana, ospiti negli spazi dell’Adriano Community Center. Questo contributo ha portato ulteriore arricchimento allo scambio.


Com’è stato accolto il laboratorio di rammendo creativo?
I feedback sono stati molto positivi. Il laboratorio di rammendo creativo, per alcuni partecipanti, ha significato essere parte di una comunità. Molte persone che hanno partecipato vivono nel quartiere ma non avevamo mai avuto occasione di incontrarsi.
A tutti, abbiamo chiesto di prendere parte a una community online creata da Makeflix “Creative Repair Community”: un gruppo FB che permette di continuare a scambiarsi idee e foto sui propri progetti di riparazione. Così il rammendo creativo diventa un’abitudine condivisa! Inoltre, il supporto del gruppo può aiutare a superare quegli ostacoli che spesso ci scoraggiano nel riparare un oggetto o un capo.
La nostra proposta, inoltre, è stata accolta positivamente anche da Proges e Shifton, gli enti organizzatori della call “Future days”. Questo ci ha permesso di partecipare a una fase di co-progettazione insieme agli altri 27 soggetti selezionati. Un percorso molto stimolante che all’inizio di quest’anno ha portato alla Fondazione di Magnete nuovo Punto di Comunità di Fondazione Cariplo, nel quartiere Adriano. Entrambe le edizioni del laboratorio di rammendo creativo sono state realizzate insieme a Makeflix e si sono svolte in questo spazio di relazione e pluralità.
Connecting Cultures
Connecting Cultures è una fondazione culturale e impresa sociale fondata a Milano nel 2001 da Anna Detheridge, autrice nell’ambito delle arti visive, curatrice e docente.
È composta da un team tutto al femminile che ha come mission quella di promuovere la sostenibilità attraverso l’arte, la moda e il design. Il tutto con progetti culturali sul territorio, soprattutto di arte partecipata, e attraverso la formazione. Nel 2014, in particolare, abbiamo attivato una piattaforma di ricerca e formazione per la sostenibilità e la consapevolezza nell’ambito della moda, dal nome Out of Fashion.
Out of Fashion si rivolge a giovani professionisti, designer e imprenditori nel settore tessile, moda e abbigliamento. Si tratta di un corso di alta formazione realizzato in collaborazione con POLI.design, il Centro di ricerca Gianfranco Ferré, CNA Milano e il supporto del Consolato Generale dei Paesi Bassi e di cui partirà una nuova edizione nel novembre di quest’anno.
Oltre al corso di formazione, la piattaforma Out of Fashion prevede anche la realizzazione di eventi e workshop, di pubblicazioni e mostre.
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